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Dicembre 2001: condannato Carlos Zenon e suo figlio a sei mesi di reclusione

SPANISH  VERSION

Condannano Carlos "Taso" Zenon e suo figlio Yabureibo a sei (6) mesi di reclusione

Sommario: Il giudice Fustè della corte federale a Portorico, ha imposto la massima condanna di sei (6) mesi di prigione federale a Carlos" Taso" Zenon, leader dell'Associazione dei Pescatori di Vieques, per essere andato" oltre il lecito" allo scopo di prevenire ulteriori bombardamenti della Marina a Vieques.

Il giudice Fustè ha inoltre imposto la massima condanna di sei (6) mesi di prigione federale al giovane figlio diciannovenne di Zenon, Yabureibo, per il medesimo reato, un reato che di solito comporta una citazione ed una multa di 25 dollari.

Il seguente è la lettura delle asserzioni di fronte al giudice di Carlos" Taso" Zenon e di suo figlio, Yabureibo Zenón Encarnación, nelle fasi della sentenza.

Allocuzione di Carlos” Taso” Zenon

Meno di un mese fa mi trovavo nella sala del giudice Daniel Dominguez il quale in assenza della benché minima prova inconfutabile, usò tutta la sua immaginazione giuridica per dichiarare due dei miei figli colpevoli  condannandoli al carcere. Il processo ha risvegliato memorie di giudizi anteriori, in questo stesso tribunale federale, dei quali voglio parlarle brevemente. Le anticipo le conclusioni signor giudice: da quei giudizi presieduti da Torruellas e Pérez Gimenez, fino a questo che si celebra oggi, e che tutto il tribunale federale conduce - ad eccezione della onorevole giudice Consuelo Vargas de Cerezo - sotto la direzione del giudice presidente Héctor Laffitte, questo tribunale ha mantenuto una rotta invariabile. Come ha segnalato mio figlio Yabureibo, questo tribunale degli Stati Uniti a Portorico ha invertito le sue funzioni. Lontano da essere il ramo che ripara il civile danneggiato dagli abusi dei militari, è quello che protegge il dominio della forza delle armi sui diritti civili dei cittadini poveri. Signor giudice, la storia di Portorico registrerà la condotta di questo tribunale come una delle sottomissioni totali all'Ammiraglio di turno alla Roosevelt Roads. In quegli anni, il giudice Pérez Gimenez, mi condannò a sei mesi di prigione; e non contento di ciò condannò anche il mioavvocato allo stesso tempo, in un giudizio talmente pieno di difetti da essere revocato in prima istanza. Il giudice Torruellas emise ordini di divieto permanente, non contro la Marina, che ammetteva nella sua dichiarazione di impatto ambientale gli orribili danni che ci causava, ai pescatori e a tutta la società viequense, bensì contro l'Associazione dei Pescatori, Inc,,che riuniva i pescatori in lotta contro l'abuso militare. Questo tribunale ci considera, noi che lottiamo per una vita decorosa a Vieques, come colpevoli in anticipo al giudizio. Questo processo che celebriamo oggi non è più che una formalità per plasmare ciò che è deciso in anticipo: che bisogna schiacciare la resistenza civile contro l'abuso militare a Vieques. Bisogna negare tutto ai civili che sfidano i militari in difesa dei propri diritti inalienabili alla vita, alla libertà e alla ricerca della felicità. Bisogna concedere tutto ai militari che hanno fatto di questo tribunale un bastione dei loro interessi. Per questa ragione la Marina ammette sfacciatamente il danno che ci causa impunemente. Il capitano dell'USS Saginaw LST 1188 riconosce la crassa distruzione dei nostri attrezzi da pesca, si spinge al punto di ammettere che non dovette attestare sotto giuramento di essere stato informato che commetteva quella distruzione in acque legittimamente stabilite per la pesca. La testimonianza del Comandante Melander, dell’USS Portland non è più che una ripetizione della medesima litania di distruzione delle nostre risorse di vita. Il Comandante John Byers dell’USS Newport LST 1179 ripete e conferma lo stesso. E così, una successione di ufficiali navali vanno accumulando una montagna di prove che confronta il tribunale degli Stati Uniti a Portorico. Arriva il fatto estremo che il tenente Long ammette che le sue esercitazioni con elicotteri sbarramine  distruggono inevitabilmente le nostre reti, piantate legalmente in aree designate per la pesca commerciale. Tale è stato l'accumulo di prove che il giudice Torruellas ha inviato il caso alla giurisdizione della Virginia, perché a Norfolk, sede della base navale più grande degli Stati Uniti, un giudice potesse facilmente sbarazzarsi di alcuni poveri pescatori di un'isoletta sperduta nei Caraibi. Si diedero la zappa sui piedi da soli. Il gruppo religioso ecumenico P.R.I.S.A ottenne per noi pescatori aiuti da alcune chiese in Svizzera affinché l'Associazione di Pescatori di Vieques, Inc. potesse montare una difesa legale dei suoi diritti a casa propria dalla Marina di Guerra degli Stati Uniti. Con sorpresa di tutti, il giudice nordamericano della Virginia fu molto più ligio ai temi di diritto, di impartire giustizia, che non quelli del tribunale degli Stati Uniti a Porto Rico e ritenne la Marina colpevole della distruzione non necessaria dei mezzi di lavoro dei pescatori. Quell'esperienza fu indimenticabile perché ci comprovò come si perverte la giustizia quando rinuncia al sacro dovere di proteggere gli oppressi e copre la malvagità dei potenti. Quello che ricevette l’Associazione  per i suoi sforzi, in termini economici, fu un’inezia. Vede signor giudice, quello che cerchiamo in questo tribunale non è il denaro ma la giustizia. Il nostro principale guadagno in quell’occasione fu vedere come alcuni pescatori boricua strappavano alla Marina una prima vittoria quando non giocava con le spie caricate in contro di noi. Vedere scomparire l’arroganza dalla faccia dei loro ufficiali e apparire la disperazione di chi ottiene ragione solo con la forza. Ma che possiamo sperare da un tribunale il cui presidente stabilisce un ambiente di ostilità e si burla irrispettosamente di chi ha provato di essere disposto a qualunque sacrificio prima di accettare indegnamente la tirannia militare? Che non ci vengano a raccontare che abbiamo altre risorse prima di incorrere nella disobbedienza civile! Questo tribunale federale non è una risorsa per i portoricani poveri e umili. La condotta storica di questo tribunale lo colloca nella sfera del potere militare. E se non è così, che ci venga spiegato come è che ci persegue e c'imprigiona, mentre nasconde e protegge i terroristi dalla Marina. Che carta giocò il capo massimo della Marina a Porto Rico, l'ammiraglio Arthur Knoizen, per il suo aiutante, il tenente Alex de la Zerda, nella collocazione della bomba al Collegio degli Avvocati di Porto Rico? Forse mai lo sapremo, perché questo tribunale stese un manto complice di occultamento, rifiutandosi di estendere le investigazioni criminali fino alle ultime conseguenze. Dove si trova oggi Alex de la Zerda? Dov’è l’aiutante dell’ammiraglio che trattò di collocare una bomba su un aereo della Vieques Air Link, sul quale avrebbero volato, letteralmente volato, vari lottatori viequensi? Nessuno lo sa. Dov’è il tenente Terrence Davis, specialista in esplosivi che  procurava al de la Zerda gli attrezzi per commettere le sue malefatte? Nessuno lo sa. Dove si trova l’ufficiale della Marina Carry Kelly che dava istruzioni criminali a Terrence Davis? Nessuno lo sa. Hanno scontato qualche periodo in prigione? Nessuno. Ho qui una copia dell’articolo de El Nuevo Dia dove sono registrati questi nefasti avvenimenti. Questi terroristi, insieme a Josè Lopez, capo dei fucilieri federali, ordirono piani di omicidio della leadership viequense. Arrivarono all’insolito estremo di minare le spiagge dove sarebbero dovuti giungere nella notte alcuni disobbedienti civili i quali, se non fossero stati avvertirti da un militare di coscienza e onore, che era al corrente del piano orchestrato da questi malvagi, sarebbero morti straziati. Non mi sto inventando questi dati, signor giudice. Sono raccolti nella registrazione dell’iter investigativo dell’ FBI – investigatore iniziale di questi crimini, così come quelli del Cerro Maravilla – quando si perse il controllo del mostro di propria creazione, che sfuggì di mano. Queste investigazioni vennero alla luce negli interrogatori dei nostri avvocati difensori nel caso civile numero 79-269 che la Marina portava a capo contro di me in quei giorni. Signor giudice, uno dei più odiosi terroristi di Vieques, il militare in pensione Robert Kuhn, il quale fece un contratto per assassinare me e Victor Emeric, oggi termina gli ultimi anni della sua miserabile vita in un negozio di vendita di liquori a Isabel II. Mai è stato accusato di ciò che tutti a Vieques sappiamo ha fatto. Oggi, che la nostra lotta ha messo la Marina in ritirata, passeggia per le strade senza che nessuno del nostro movimento gli torce un capello. La sua disgrazia sarà vedere come acceleriamo la ritirata con la nostra sfida, mentre lui si consuma nel disprezzo dell'immensa maggioranza dei viequensi C’è giustizia a questo mondo, signor giudice, però non si trova nel tribunale degli Stati Uniti a Portorico. Questo è il tribunale che protesse la Marina quando quattro dei suoi soldati ubriachi massacrarono a pugni e calci Mapepe Francis, un anziano di 72 anni che impedì a quelle bestie in uniforme di stuprare una donna. Il rapporto forense sottolineò che i colpi furono di tale portata che il cranio aveva la consistenza della gelatina. Né la procura federale né questo tribunale intervennero in quello che, dopo tutto, era un feroce messaggio di dominio militare sulla società civile viequense. Nessuno fu arrestato. Nessuno fu preso. Nessuno fu arrestato nemmeno quando altri marine ubriachi assassinarono a baionettate Juan Rosario, personaggio molto amato in paese, né quando assassinarono chi chiamavamo affettuosamente Sello Rojo, il cui cadavere trafitto a colpi di baionetta, fu rinvenuto nell’Accampamento Garcia, sotterrato in una spiaggia militare, quando alcuni animali scavarono la fossa ed esposero le sue gambe alle intemperie. La Marina, signor giudice, è stata il terrorista permanente nella nostra storia di oppressione. Il messaggio di violenza impunita andava diretto a spegnere la fiamma di disobbedienza ed a sottometterci al suo regime di tirannia militare. Tutto è stato vano. Così come sono vani i verdetti di colpevolezza di questo tribunale e le severe sentenze delle quali si servono coloro ai quali osiamo dire la verità. Quando si serve il potente che abusa del diseredato, si commette alto tradimento contro i principi sublimi di giustizia ed equità. Lei, signor giudice, ha raggiunto livelli di studio ed erudizione che questo povero pescatore con licenza media non pretende di raggiungere mai. Però io so, signor giudice, cose che lei non sa. Io so che cosa significa tenere tra le mie braccia, a dodici anni, il corpo del mio migliore amico, Chuito Legrand, con il cranio fracassato e la materia grigia che cola dalle orribili ferite aperte da una di quelle bombe con le quali si pretende che vivano i viequensi. Io so che significa crescere in una società sotto il dominio militare, essere cacciato di casa a quattro anni, vedere la propria casa distrutta dai trattori militari. Essere depositato con mia madre in una riserva per nativi diseredati. Io so che vuol dire vedere le cicatrici permanenti nell’anima di un amichetto di dieci anni, violato sessualmente da una ganga di marine ubriachi. E non le dico nulla di questo cercando la sua compassione né le sue simpatie. Sono colpevole, signor giudice, di non accettare questi termini indegni di esistenza che la Marina pretende di imporre a noi viequensi. Sono colpevole di ribellione contro uno stato di cose ingiuste e oppressive. Sono colpevole di lottare e di invitare tutti coloro mi ascoltano a lottare in favore della vita e della libertà, contro la tirannia e la morte. Sono colpevole, signor giudice, di pescare nei mari di Vieques; di pescare non pesce ma la dignità e la libertà del mio popolo. Quello, signor giudice, è stato il secolo scorso, Nel presente continua a restare in piedi il terrorismo ufficiale, protetto da un tribunale che ci ha sempre chiuso le porte. Però resta poco alla tirannia militare a Vieques, non perché la ragione e la giustizia hanno prevalso in queste sale, ma perché tutto un popolo si è levato indignato ad esigere la pace e la giustizia per i viequensi. Non abbiamo aerei, né barche, né cannoni, né razzi, però se voi insisterete a continuare ad opprimere il nostro popolo, affondiamo il prestigio che rimane loro, se ne rimane loro alcuno, nelle coste di Vieques.

 Allocuzione di Yabureibo Zenon

Saluti a tutti i presenti in questa sala. La prima volta che sono stato in una sala del tribunale federale non potevo comprendere quello che stava accadendo. Ricevetti da mia madre le prime sensazioni di coraggio e frustrazione davanti  allo spettacolo di alcuni uomini nati a Portorico che agivano contro i più diseredati del loro stesso paese. Stavo nel ventre di mia madre e da lei devo avere ricevuto la comunicazione intima che tra queste pareti la malvagità si maschera   con l’abito della legge e il sopruso con la toga della giustizia. In quell’ occasione, il giudice Perez Gimenez comminava a mio padre sei mesi di prigione, per avere rallentato il bombardamento della Marina militare degli Stati Uniti sulla sua isola natale, Vieques. Con l’arroganza dei potenti, o per meglio dire, dei nativi ai quali i potenti incaricano la repressione di quelli che si ribellano contro l’oppressione, quel giudice lasciò timbrata per sempre sulla carta la storia. Quando incarcerò un pescatore povero e lasciò sua moglie incinta, con due figli piccoli – Pedro e Cacimar, che recentemente sono usciti dalla prigione federale - affinché si arrangiasse come meglio poteva, Perez Gimenez ricevette le pacche sulle spalle che ricevono dai suoi padroni i nativi servili quando sopprimono i ribelli.  Questi siamo noi, signor giudice, i ribelli di questo arcipelago portoricano. I  diseredati che non hanno nulla da perdere eccetto le nostre catene e un mondo da guadagnare con la nostra sfida. Siamo gli oppressi di questa terra che non accettano supinamente la carta di inferiorità che i privilegiati di questa società vogliono imporci a nome dei loro padroni federali. Siamo quelli che credono sia meglio morire in piedi che vivere in ginocchio.  Siamo viequensi che non si lasciamo bombardare più, signor giudice, che non si sottomettono all'indegnità dell'abuso e del razzismo. Siamo viequensi ai quali non piegano la spina dorsale né con le loro minacce né con le loro offerte di denaro. Siamo viequensi, signor giudice, che abbiamo raggiunto la nostra libertà in lotta contro la tirannia militare, e che preferiamo dare il benvenuto alla morte piuttosto che accettare che ci vengano imposte le catene vergognose della claudicazione.  Qui al mio fianco c’è mio padre, affrontando nuovamente il tribunale che protegge la Marina ed inverte le cose dichiarando colpevoli coloro i quali lottano per la propria pace, la propria salute, la propria vita e la propria libertà. Inverte le cose difendendo la forza del potere armato contro i diritti civili di un gruppo di portoricani che lottano contro il terrorismo in uniforme. Inverte le cose quando abbandona  coloro che non hanno altre protezione che la propria lotta e protegge chi esercita su di noi il suo potere di conquista armata.  Carlos" Taso" Zenon già è fuori della portata degli artigli federali, che anni addietro cercarono di sottometterlo, imprigionarlo ed assassinarlo. E’ troppo tardi, Carlos “Taso” Zenon può contare sull’appoggio e sull’affetto di centinaia e centinaia di migliaia di persone, a Portorico e attraverso le frontiere internazionali e voi fate un grave danno ogni volta che tentate di danneggiare lui.  Dietro di me c’è Aleida Encarnacion, la mia amata madre, che ammiro, amo e rispetto come una delle donne più valorose e coraggiose di Portorico.Sapevo del suo coraggio ad affrontare i federali armati per le storie che si raccontavano, però questa volta l’ ho visto con i miei occhi. Questa donna senza armi è più valorosa di tutte le dozzine di fucilieri e agenti dell’ FBI e della polizia di Portorico, che si lanciarono contro la mia casa con fucili, carabine di assalto, i loro visi coperti ed il loro petto blindato. Lei sola, senza altra arma che la sua dignità, senza altra protezione sul petto che il decoro di una donna libera, impedì alla gendarmeria che ululava nei portoni di profanare la santità della nostra casa. Aleida, ti voglio tanto bene, grazie del tuo esempio, grazie di essere mia madre.  I miei fratelli maggiori, indomiti, ribelli; miei fratelli nelle gioie e nei dolori che portano questa lotta, non potei stare con loro in prigione, però adesso accompagnerò il vecchio, e presto ci vedremo nuovamente insieme in cammino verso future sfide.  Signor giudice, se la Marina insiste a restare a Vieques, che il Cielo le conceda molti anni di vita e salute e molti anni di servizio in questo tribunale, perché un giorno in futuro ci rincontreremo nuovamente nella sua sala, in giudizio dei miei figli, i  quali continueranno sfidando quelli che pretendono di sterminarci.  Perché è proprio questa la sua sconfitta. Noi siamo solo una delle cento famiglie viequensi che proteggono  la loro isola e sono disposti a lottare per lei. Ognuna di queste famiglie è una scuola di ribellione e combatte. Noi, la famiglia Zenon, siamo solo una di queste e siamo l’incubo ricorrente della Marina, di questo tribunale e del sistema carcerario federale. Che farete voi? Continuerete ad incarcerarci? Sappia che l’unica cosa che avete ottenuto – se lo desidera può chiedere al sindaco Pastrana – è contagiare la popolazione penale col germe della coscienza che, in fin dei conti, tutti i carcerati federali sono soggetti ad un sistema arbitrario e disumano, imposto con la forza a Portorico, senza il nostro consenso, e le cui pene sono applicabili con rigore a quelli che non sono i privilegiati del sistema. Questo lo sanno i confinati federali. E la loro repressione della nostra lotta ottiene solo un aumento di questo risveglio di loro e di tutti i portoricani.Ogni giorno di carcere al quale ci condannano, aumenta il deprezzamento di questo tribunale. Decida lei quello che vuole con mio padre e con me.Questo è il suo potere che impone la conquista e che sostiene la relazione di inferiorità alla quale è sottomesso il nostro popolo. Il nostro potere è di essere liberi in carcere, per continuare leggendo, analizzando e pianificando in quale altro modo possiamo interrompere  i bombardamenti della Marina sulla nostra piccola patria.  E questo potere, signor giudice, può più di tutte le armi e tutti i tribunali del mondo. Questo è il potere di tutti gli oppressi del mondo. Questo è il potere che ci fece recuperare le terre dell'ovest a Vieques e che strappò al presidente Bush la conferma che ritirerà alla Marina il permesso di bombardarci nel maggio del prossimo anno.  Questo è il potere, signor giudice, che ci renderà liberi e che renderà la vita impossibile alla Marina a Vieques fino al giorno in cui raccoglieranno le loro bombe e se ne andranno.  Molte grazie.


SPANISH   VERSION

English summary: Judge Fusté of the federal court in Puerto Rico, imposed the maximum sentence of six (6) months in federal prison on  Carlos "Taso" Zenón, leader of the Fishermen's Association of  Vieques, for "trespassing" in order to prevent the U.S. Navy from  further bombing in Vieques. Judge Fusté also imposed the maximum sentence of six (6) months in federal prison on Zenón's youngest son, 19-year old Yabureibo, for   the same offense, a misdemeanor which usually carries a citation and  US$25 fine. 

The following are the statements read before the judge by  Carlos "Taso" Zenón and his son Yabureibo Zenón Encarnación upon  beign sentenced. A continuación las palabras dirigidas al juez por los luchadores viequenses:

 Alocución de Carlos (Taso) Zenón

Hace menos de un mes me encontraba en la sala del juez Daniel  Domínguez quien en ausencia de la más mínima prueba irrefutable, usó  toda su imaginación judicial para declarar a dos de mis hijos culpables y sentenciarlos a prisión. El proceso me despertó memorias de juicios anteriores, en este mismo  tribunal federal, de los cuales quiero hablarle brevemente. Le  adelanto las conclusiones, señor juez: Desde aquellos juicios  presididos por Torruellas y Pérez Giménez, hasta éstos que usted  celebra hoy, y que todo el tribunal federal conduce—a excepción de la  honorable juez Consuelo Vargas de Cerezo— bajo la batuta del juez  presidente Héctor Laffitte, este tribunal ha mantenido un rumbo  invariable. Como le señaló mi hijo Yabureibo, este tribunal de  Estados Unidos en Puerto Rico ha invertido sus funciones. Lejos de  ser la rama del poder donde impera el derecho, este tribunal es la  rama del derecho donde impera el poder. Lejos de ser la rama que  cobija al civil perjudicado por los abusos de los militares, es la  que ampara el dominio de la fuerza de las armas sobre los derechos  civiles de ciudadanos pobres.  Señor juez, la historia de Puerto Rico registrará la conducta de este  tribunal como una de sumisión total al Almirante de turno en  Roosevelt Roads. En aquellos años, el juez Pérez Giménez me condenó a mí a seis meses  de prisión; y no contento con eso, condenó también a mi abogado al  mismo tiempo, en un juicio tan plagado de defectos que fue revocado  por el primer circuito. El juez Torruellas emitió órdenes de  interdicto permanente, no en contra de la Marina, que admitía en su  declaración de impacto ambiental los horribles daños que nos causaba  a los pescadores y a toda la sociedad viequense, sino en contra de la  Asociación de Pescadores de Vieques, Inc., que reunía a los  pescadores en lucha en contra del abuso militar. Este tribunal nos considera a los que luchamos por una vida decorosa  en Vieques como culpables con antelación a juicio. Este proceso que snbsp;celebramos hoy no es más que una formalidad para plasmar lo que está  decidido de antemano: que hay que aplastar la resistencia civil en  contra del abuso militar en Vieques. Hay que negarle todo a los  civiles que desafían a los militares en defensa de sus derechos  inalienables a la vida, a la libertad, y a la búsqueda de la  felicidad. Hay que otorgarle todo a los militares, que han hecho de  este tribunal un bastión de sus intereses. Por esa razón la Marina admite descaradamente el daño que nos hacen  impunemente. El capitán del USS Saginaw LST 1188 reconoce la crasa  destrucción de nuestros artes de pescas. Va tan lejos como admitir  que no fue hasta que tuvo que testificar bajo juramento que se le  informó que cometía esa destrucción en aguas legítimamente  establecidas para la pesca. El testimonio del Comandante Melander, del USS Portland no es más que  una repetición de la misma letanía de destrucción de nuestros medios  de vida. El Comandante John Byers del USS Newport LST 1179 repite y confirma  lo mismo. Y así, una sucesión de oficiales navales van acumulando una  montaña de evidencia que confronta al tribunal de Estados Unidos en  Puerto Rico. Llega el asunto al extremo que el teniente Long admite que sus  ejercicios de helicópteros barreminas destruyen innevitablemente  nuestas nasas, plantadas legalmente en áreas designadas para la pesca  comercial. Tanta fue la acumulación de evidencia que el juez Torruellas envió el  caso a la jurisdicción de Virginia, para que en Norfolk, sede de la  base naval más grande en Estados Unidos, un juez pudiera fácilmente  despachar a unos pobres pescadores de una islita perdida en el Caribe. Les salió el tiro por la culata. El grupo religioso ecuménico PRISA  nos consiguió a los pescadores ayudas de unas iglesias en Suiza para  que la Asociación de Pescadores de Vieques, Inc. pudiera montar una  defensa legal de sus derechos en el propio patio de la Marina de  Guerra de Estados Unidos. Para sorpresa de todos, el juez  norteamericano de Virginia estuvo más pendiente a los asuntos de  derecho, de impartir justicia, que los del tribunal de Estados Unidos  en Puerto Rico, y encontró a la Marina culpable de la destrucción  innecesaria de los medios de trabajo de los pescadores. Esa  experiencia fue inolvidable porque nos comprobó cómo se pervierte la  justicia cuando se renuncia al sagrado deber de proteger a los  atropellados, y se cobija la maldad de los poderosos. Lo que recibió la Asociación por sus esfuerzos, en términos  monetarios, fue una insignificancia. Ve usted, señor juez, lo que  buscábamos en aquel tribunal no era dinero, sino justicia. Nuestra  principal ganancia en aquella ocasión fue ver cómo unos pescadores  boricuas le arrebataban a la Marina una primera victoria, cuando no  jugaba con los topos cargados en contra nuestra. Ver desaparecer la  arrogancia del rostro de sus oficiales, y aparecer la desesperación  de quien encuentra la razón sólo en la fuerza. Pero, ¿qué podemos esperar de un tribunal cuyo presidente establece  un ambiente de hostilidad y se burla irrespetuosamente de quienes  hemos probado que estamos dispuestos a cualquier sacrificio antes de  aceptar indignamente la tiranía militar? ¡Qué no nos vengan con el cuento de que tenemos otros recursos antes  de incurrir en la desobediencia civil! Este tribunal federal no es un  recurso para los puertorriqueños pobres y humildes. La conducta  histórica de este tribunal lo coloca en la esfera del poder militar. Y si no es cierto, que se nos explique cómo es que nos persigue y nos  encarcela, mientras esconde y protege a los terroristas de la Marina.

 ¿Qué papel jugó el jefe máximo de la Marina en Puerto Rico, el  almirante Arthur Knoizen, en la colocación de la bomba en el Colegio  de Abogados de Puerto Rico, por su ayudante, el teniente Alex de la  Zerda? Tal vez nunca lo sabremos, porque este tribunal tendió un  manto cómplice de ocultación, rehusando extender las investigaciones  criminales hasta las últimas consecuencias. ¿Dónde está hoy Alex de la Zerda? ¿Dónde está el ayudante del  Almirante que trató de colocar una bomba en un avión de Vieques Air Link, en el que hubiéramos volado, literalmente volado, varios  luchadores viequenses? Nadie sabe. ¿Dónde está el teniente Terrence Davis, especialista en explosivos, que le proveía a de la Zerda con  los pertrechos para cometer sus fechorías? Nadie sabe. ¿Dónde está el  oficial de la Marina Carry Kelly que le daba las instrucciones  criminales a Terrence Davis? Nadie sabe. ¿Cumplieron algún tiempo en  prisión? Ninguno. Tengo aquí copia del artículo de El Nuevo Día donde se registran  estos nefastos acontecimientos. Estos terroristas, junto a José López, jefe de los alguaciles  federales, urdieron planes de asesinato del liderato viequense.  Llegaron al extremo insólito de minar las playas donde habrían de  llegar por la noche unos desobedientes civiles quienes, de no haber  sido alertados por un militar de conciencia y honor, que se percató  del plan instrumentado por estos malvados, hubieran muerto despedazados. No me estoy inventando estos datos, señor juez. Están recogidos en el  récord de  sendas investigaciones del FBI —instigador inicial de  estos crímenes, así como los del Cerro Maravilla— cuando perdía el  control del monstruo de su propia creación, que se le iba de las  manos. Estas investigaciones salen a la luz en los interrogatorios de  nuestros abogados de defensa en el caso civil número 79-269 que  llevaba en esos días la Marina en contra de mi persona. Señor juez, uno de los más odiosos terroristas de Vieques, el militar  retirado Robert Kuhn, quien puso un contrato para asesinarme a mí, y  a Víctor Emeric, hoy termina los últimos años de su miserable vida en  un negocio de ventas de licor en Isabel II. Nunca fue acusado de lo  que todos en Vieques sabemos que hizo. Hoy, que nuestra lucha ha  puesto a la Marina en retirada, se pasea por las calles sin que nadie  de nuestro movimiento le toque un pelo. Su desgracia será ver cómo  apresuramos la retirada con nuestro desafío, mientras él se consume  en el desprecio de la inmensa mayoría de los viequenses. Hay justicia en este mundo, señor juez, pero no se encuentra en el  tribunal de Estados Unidos en Puerto Rico.

Este es el tribunal que protegió a la Marina cuando cuatro de sus  soldados borrachos destrozaron a golpes y patadas a Mapepe Francis,  un anciano de 72 años que impidió que aquellas bestias en uniforme  abusaran de una mujer. El informe forénsico halló que la golpiza fue  tan severa que el cráneo tenía la consistencia blanda de la gelatina.  Ni fiscalía federal ni este tribunal intervinieron en lo que, después  de todo, era un feroz mensaje de dominio militar sobre la sociedad  civil viequense. Nadie fue arrestado. Nadie fue preso.

Nadie fue arrestado tampoco cuando otros marinos borrachos asesinaron  a bayonetazos a Juan Rosario, personaje muy querido en el pueblo, ni  cuando asesinaron a quien llamábamos cariñosamente Sello Rojo, cuyo  cadáver, cosido a bayonetazos, fue encontrado en el Campamento  García, enterrado en una playa militar, cuando algún animal escavó la  fosa llana y expuso sus piernas a la intemperie.  La Marina, señor juez, ha sido el terrorista permanente en nuestra  historia de opresión. El mensaje de violencia impune iba dirigido a  apagar la llama de rebeldía, y a someternos a su régimen de tiranía  militar. Todo ha sido en vano. Como son en vano los veredictos de culpabilidad  de este tribunal y las severas sentencias que se sirven a los que nos  atrevemos a decirles la verdad. Que cuando se sirve al poderoso que  abusa del desposeído, se comete alta traición en contra de los  principios sublimes de justicia y equidad. Usted, señor juez, ha alcanzado grados de estudio y erudición que  este pobre pescador con sexto grado no pretende alcanzar jamás. Pero  yo sé, señor juez, cosas que usted no sabe. Yo sé lo que es tener en  mis brazos, a los doce años, al cuerpo de mi mejor amigo, Chuito  Legrand, con su cráneo destrozado, con su materia gris chorreándose  por las horribles heridas abiertas por una de esas bombas con las que  se pretende que vivamos los viequenses. Yo sé lo que es crecer en una sociedad bajo la bota militar, de ser  expulsado del hogar a los cuatro años, de ver la casa propia  >destruida por tractores militares. De ser depositado con mi madre en  una reservación para los nativos desposeídos. Yo sé lo que es ver las  cicatrices permanentes en el alma de un amiguito de diez años al ser  violado sexualmente por una ganga de Marinos borrachos. Y no le digo  nada de esto buscando ni su lástima ni sus simpatías. Se trata de un  preámbulo a mi única declaración en este juicio. Soy culpable, señor  juez, de no aceptar esos términos indignos de existencia que pretende  imponernos la Marina a los viequenses. Soy culpable de rebeldía en  contra de un estado de cosas injusto y opresivo. Soy culpable de  luchar, y de invitar a todos los que me escuchan a luchar, a favor de  la vida y la libertad, y en contra de la tiranía y la muerte. Soy  culpable, señor juez, de pescar en los mares de Vieques; de pescar,  pero no peces. De pescar la dignidad y la libertad de mi pueblo. Aquello, señor juez, fue el siglo pasado. En el presente continúa en  pie el terrorismo oficial, amparado por un tribunal que nos ha  cerrado siempre las puertas. Pero ya le queda poco a la tiranía  militar en Vieques. No porque la razón y la justicia hayan  prevalecido en estas salas, sino porque todo un pueblo se ha  levantado indignado a exigir la paz y la justicia para los viequenses. No tenemos aviones ni barcos, ni cañones ni cohetes, pero si ustedes  insisten en seguir atropellando a nuestro pueblo, vamos a hundirles  el prestigio que les queda, si es que les queda alguno, en las costas  de Vieques.

Alocución de Yabureibo Zenón

Saludos a todos los presentes en esta sala. La primera vez que estuve en una sala del tribunal federal no podía  entender lo que estaba ocurriendo allí. Recibí de mi madre las  primeras sensaciones de coraje y frustración ante el espectáculo de  unos hombres nacidos en Puerto Rico actuando contra los más  desposeidos de su propio pueblo. Estaba en el vientre de mi madre, y  de ella tuve que haber recibido la comunicación íntima de que en  estas paredes se disfraza la maldad con el traje de la ley, y el  atropello con la toga de la justicia. En aquella ocasión el juez  Pérez Giménez enviaba a mi padre seis meses a prisión, por haber  entorpecido el bombardeo de la Marina de Guerra de Estados Unidos sobre su Isla natal de Vieques. Con la arrogancia de los poderosos, o mejor dicho, de los nativos que  los poderosos les encargan la represión de los que se rebelan contra  la opresión, aquel juez dejó sellado para siempre su papel en la  historia. Cuando encarceló a un pescador pobre, y dejó a su mujer  embarazada, con dos hijos pequeños —Pedro y Cacimar, que  recientemente salieron de la prisión federal— para que se las  arreglara como mejor pudiera, Pérez Giménez recibió las palmadas en  la espalda que reciben de sus amos los nativos serviles cuando  suprimen a los más rebeldes. Eso somos nosotros, señor juez, los rebeldes de este archipiélago puertorriqueño. Los desposeidos que no tenemos nada que perder excepto nuestras cadenas, y un mundo que ganar con nuestro desafío.  Somos los oprimidos de esta tierra que no aceptamos sumisamente el  papel de inferioridad que los privilegiados de esta sociedad quieren  imponernos a nombre de sus amos federales. Somos los que creemos que  es mejor morir de pie que vivir de rodillas.  Habemos viequenses que no vamos a dejarnos bombardear más, señor  juez, que no nos vamos a someter a la indignidad del abuso y el  racismo. Habemos viequenses que no se nos dobla la espina dorsal ni  con sus amenazas de cárcel, ni con sus ofertas de dinero. Habemos  viequenses, señor juez que hemos alcanzado nuestra libertad en la  lucha en contra de la tiranía militar, y que mejor le daremos la  bienvenida a la muerte antes que aceptar que se nos impongan las  cadenas vergonzosas de la claudicación.

Aquí al lado mío está mi padre, enfrentando nuevamente el tribunal  que ampara la Marina, y que invierte las cosas, declarando culpables  a los que luchan por su paz, su salud, su vida y su libertad. Invierte las cosas defendiendo la fuerza del poder armado en contra  de los derechos civiles de un grupo de puertorriqueños que luchan en  contra del terrorismo uniformado. Invierte las cosas cuando abandona  a los que no tienen otra protección que su propia lucha, y protege a  quienes ejercen sobre nosotros sus poderes de conquista armada. Carlos «Taso» Zenón ya está fuera del alcance de las garras  federales, que años atrás trataron de sobornarlo, encarcelarlo y  asesinarlo. Se les hizo tarde. Carlos «Taso» Zenón cuenta con el  apoyo y el afecto de cientos y cientos de miles de personas, en  Puerto Rico y a través de las fronteras internacionales, y ustedes se  hacen un grave daño cada vez que intentan hacerle daño a él. Detrás de mí está Aleida Encarnación, mi querida madre, a quien  admiro, quiero y respeto como una de las mujeres más valientes y  bravas de Puerto Rico. Sabía de su valor al enfrentar los federales  armados por las historias que se narraban, pero esta vez lo vi con  mis propios ojos. Esa mujer sin armas es más valiente que todas las  docenas de alguaciles y agentes del FBI, y de la Policía de Puerto  Rico, que se lanzaron en contra de mi hogar, con escopetas, rifles de  asalto, carabinas, sus caras cubiertas y sus pechos blindados. Ella  sóla, sin otra arma que su dignidad, sin más protección en su pecho  que el decoro de una mujer libre, le impidió a la gendarmería que  aullaba en los portones que profanaran la santidad de nuestro hogar.  Aleida, te quiero mucho, gracias por tu ejemplo, gracias por ser mi  madre. Mis hermanos mayores, indómitos, rebeldes; mis hermanos en las  alegrías y en los dolores que traen estas luchas, no pude estar con  ustedes en prisión, pero ahora acompañaré al viejo, y ya pronto nos  veremos juntos nuevamente camino a futuros desafíos. Señor juez, si la Marina insiste en quedarse en Vieques, ojalá el  cielo le conceda a usted muchos años de vida y salud, y muchos años  de servicio a este tribunal, para que un día en el futuro nos  encontremos nuevamente en su sala, en juicio de mis hijos, quienes  seguirán desafiando a los que pretenden exterminarnos. Porque esa precisamente es su derrota. Nosotros somos sólo una  familia de cientos de familias viequenses que atesoran su Isla, y  están dispuestos a luchar por ella. Cada una de esas familias es una  escuela de rebeldía y combate. Nosotros, la familia Zenón, somos sólo  una de ellas, y somos la pesadilla recurrente de la Marina, de este  tribunal, y del sistema de cárceles federales. ¿Qué van a hacer ustedes? ¿Continuar encarcelándonos? Sepa usted que  lo único que han logrado y si usted quiere pregúntele al alcaide  Pastrana— es contagiar a la población penal con el germen de la  conciencia de que, a fin de cuentas, todos los presos federales  estamos sujetos a un sistema arbitrario y deshumanizante, impuesto  por la fuerza en Puerto Rico, sin nuestro consentimiento, y cuyas  penas son aplicables con rigor a los que no somos los privilegiados  del sistema. Eso lo saben los confinados federales. Y su represión de  nuestra lucha sólo les consigue un aumento en ese despertar de ellos  y de todos los puertorriqueños. Con cada día de cárcel que nos  condenan, aumenta el desprestigio de este tribunal.  Decida usted lo que quiera con mi padre y conmigo. Ese es su poder  que impuso la conquista, y que sostiene la relación de inferioridad a  la que está sometida nuestro pueblo. El poder nuestro es de estar  libres en la cárcel, para seguir leyendo, analizando y planificando  de qué otras maneras podremos interrumpir los bombardeos de la Marina sobre nuestra pequeña patria. Y ese poder, señor juez, puede más que todas las armas y todos los  tribunales del mundo. Ése es el poder de todos los oprimidos del  mundo. Ése es el poder que nos recuperó las tierras del Oeste en  Vieques, y que le arrancó al Presidente Bush la confirmación de que  le retirará a la Marina el permiso para bombardearnos en mayo del año  próximo. Ése es el poder, señor juez, que nos hará libres, y que le hará a la  Marina la vida imposible en Vieques hasta el día que recojan sus  bombas y se vayan. Muchas gracias.

Il Ricky Martin Italian Club appoggia la difesa dei diritti del popolo di Vieques, Puertorico.

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IN COLLABORAZIONE CON

  CPRDV

Comitè Pro Rescate y Desarrollo de Vieques